Questo governo mi sta antipatico

 Voglio dirlo fuori dai denti: questo governo mi sta antipatico (non che vorrei ritornare al precedente: quod deus avertat!).

Mi sta antipatico per la spocchia: ad esempio la Fornero dice papale papale a Bersani “a noi l’art.18 sta bene così. Voi prenderete le vostre decisioni” (almeno avesse spremuto una lacrimuccia!).

Tutti questi manager super pagati sono lontanissimi dal popolo minuto – e sovrano. Nessun cursus honorem, gavetta, milizia politica. Sono Deus ex machina. Nessuno ce li ha mandati, eletti al posto che occupano: una specie di usurpazione plutocratica!

E i gioielli! Che cosa risplende al collo, al polso, alle orecchie delle ministre quando si presentano al pubblico TV. Sobrietà si chiedeva a Berlusconi. Sebbene fortunatamente su un altro piano, sobrietà invochiamo da questo governo.

Molti altri trattamenti di Paperoni ci piacerebbe conoscere. Ma servirebbe solo a suscitare un’ennesima ondata di indignazione (non certo uno Tsunami!) Ad esempio voremmo conoscere i compensi dei giornalisti, specie di quelli che fanno meritoria opera di denuncia. Anni fa fu costituita una commissione parlamentare denominata “giungla retributiva”. I parlamentari hanno lavorato, consultato documenti, interrogato un sacco di gente. E’ finita con una bella relazione all’italiana!

Giuseppe Tamburrano

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

4 thoughts on “Questo governo mi sta antipatico

  1. era ora! troppi, a sinistra, si sono appiattiti su questo governo tecnico, che pencola a destra. Il PD, ammettiamolo, è una forza neo-centrista. E, in ogni caso, non ha avuto nessuna, dico nessuna progettualità. Nessuno vuole tornare al passato recente. Ma, per liberarci del Berlusca, abbiamo pagato un prezzo, alto, forse troppo alto: abbiamo ceduto pezzi della nostra sovranità nazionale.

  2. Condivido gli interventi di Tamburrano e Crisafulli. Il governo Monti e’ un governo di centro-destra, formato da alto-borghesi, senz’altro rispettabili e competenti, ma che non possono rappresentare i lavoratori dipendenti e autonomi a basso reddito. Probabilmente non possono nemmeno capire i problemi del “popolo”, perche’ non li hanno mai vissuti. Non capiscono che dieci centesimi in piu’ sul prezzo della benzina possono fare saltare il bilancio di una famiglia. Assurda poi la litania che, per aiutare i giovani privi di tutele, bisogna togliere le tutele a tutti. Il PD e’ deludente, a livello di dirigenza, ma nel PD ci sono anche forze sinceramente di sinistra che meriterebbero di essere liberate. Il sistema politico italiano sta saltando, si sta frantumando. Per i partiti piu’ piccoli della sinistra (incluso il nostro PSI) e’ tempo di provare a mettere in piedi un progetto nuovo, ad ampio respiro, piuttosto che sperare in una elemosina da parte del PD – il cui futuro e’ altrettanto incerto – o in una coalizione tipo Ulivo o Unione. Il quadro e’ cambiato, potrebbe cambiare la legge elettorale, bisogna prenderne atto e prepararsi a nuovi scenari.

    1. certo, però dobbiamo avviare avviare una riflesisone sulle tutele, in linea con lo spirito di Marco Biagi: in verità, nessuno sta togliendo le tutele. La verità è che ci sono lavoratori paria, senza tutele, e lavori a tempo indeterminato, che hanno a volte anche privilegi. La CGIL lancia slogn giusti, ma poi, di fatto, si tutelano i ”vecchi” (come chi scrive), a danno dei ”giovani”. Naturalmente, si deve distinguere tra pubblico e privato. Ma fino a un certo punto…

  3. Dico anch’io: finalmente!
    Lo dico con rabbia meditata, anche perchè, in una precedente riflessione “rabbiosa” (e non più messa nel blog) prima che nascesse lo stesso Governo Monti, manifestavo una serie di perplessità sulla fase e le alleanze politiche che stavano varando il cd “governo tecnico”. In realtà di tecnico c’è solo il nome, perché di politica ne fa e tanta. Un governo si qualifica come tecnico quando accompagna il progredire di un nuovo progetto, limitandosi ad una sana “ordinaria amministrazione” della cosa pubblica.
    Nel caso del governo Monti di tutto si tratta tranne che di ordinaria amministrazione e per niente “super partes”. Con i Sindacati fa la voce grossa: “andremo avanti con o senza l’accordo”! Poi frequenta le sale e i saloni del Parlamento per compromessi e accordicchi con le categorie più chiassose (tassisti, farmacisti, notai, vescovi…).
    Per l’articolo 18 nessuno sconto, per l’IMU alla Chiesa Cattolica mille cautele, di fatto, una soluzione degna dei peggiori governi democristiani. Per quanto riguarda le cd liberalizzazioni, ammesso che possano essere queste la soluzione ai problemi del nostro Paese, eccoci di nuovo alle prese con la conta del numero di abitanti e alle mediazioni sul numero di nuove farmacie da istituire (ma poi, perchè questo accanimento con i farmacisti? Bersani ne saprà mica qualcosa?). Risibile il risultato su tassisti, prezziario dei professionisti, notai.
    Per la verità qualche concreto risultato sulla lotta all’evasione e sulla lotta ad alcuni sprechi si comincia a intravedere (ma questo è nelle corde di un buon governo di destra istituzionale), qualora si abbia la forza e il buon senso di evitare i colpi di teatro della Guardia di Finanza (giusto che chi non paga le tasse deve essere sanzionato) e le sovraesposizioni televisive, di stampo “berlusconiano”, da Fazio o da Vespa. Del resto i media televisivi RAI 1 e RAI 3 in prima fila sono al completo servizio del governo Monti, con una dedizione sicuramente degna di miglior causa. Anche questi sono motivi di “antipatia”…
    Ma, tornando seri, il governo Monti rappresenta al meglio quello che appariva evidente già vent’anni fa, quando al sistema dei partiti storici si andava sostituendo un nuovo modello politico, apparentemente slegato dagli ideologismi del passato.
    Solo apparentemente, in quanto andava ad affermarsi un nuovo credo ideologico fondato esclusivamente sul mercato e sul profitto. Il capitalismo, attraversato in tutto il mondo da una crisi profonda (e non solo di tipo economico), si rimodellava, in Italia e in Europa, plasmato dall’egemonia della grande finanza. Questo strapotere, coadiuvato dagli interessi degli Stati più influenti (Germania, Francia, Gran Bretagna), qualche anno fa è intervenuto con grande tempismo con il sedicente “Fondo Salva Stati”, costituito per salvare dalla bancarotta non già gli Stati Sovrani, bensì i colossi bancari che speculavano sul debito pubblico dei Paesi Europei e si erano sovraesposti in ardite speculazioni finanziarie. Le banche venivano salvate in un batter di ciglia, in barba alle più elementari regole che lo stesso credo liberista e mercatista frequenta, praticamente introducendo il principio che il rischio d’impresa non esiste per i grandi gruppi finanziari (principio, del resto, già introdotto nelle cosiddette convenzioni di Basilea, che, allo scopo dichiarato di tutelare la corretta allocazione dei mezzi finanziari, ha dato immediatamente riscontro un evidente sistema di protezione istituzionale del sistema bancario a scapito degli investimenti imprenditoriali).
    Ma la supremazia del potere delle lobbies finanziarie non spiega da solo lo stato di crisi delle imprese di oltre mezza Europa (e lo stesso dicasi di quelle statunitensi). La globalizzazione è stata trasformata in una immensa operazione di marketing che ha stravolto l’impresa manifatturiera del mondo occidentale. Siccome nessuno può credere al buon cuore del sistema capitalistico e allo spirito solidaristico nei confronti dei Paesi del Terzo Mondo, si può invece legittimamente pensare che il trasferimento della gran parte della produzione industriale aveva come unico scopo lo sfruttamento di mano d’opera a basso costo, non sindacalizzata e non soggetta alle tutele derivate dalle conquiste che i lavoratori europei e americani avevano realizzato nel corso del ventesimo secolo. Ma si è trattato di una operazione caratterizzata da una miopia clamorosa. Da una parte la ricchezza dei Paesi emergenti (India, Brasile, Cina soprattutto) non ha compensato la qualità e la quantità dei consumi tipici dell’Occidente (per un fatto di storia, cultura e, in particolar modo, di libertà), dall’altro la crisi occupazionale, l’abbandono di politiche sociali per “inventarsi” lo sviluppo, la pressione su salari e condizioni lavorative hanno degenerato gli effetti di una crisi annunciata. Se a tutto ciò si aggiunge la crisi bellica con Afghanistan e Iraq, le fibrillazioni continue con l’Iran, le aspirazioni legittime dei popoli africani e mediorientali, il quadro è quasi completo.
    Quasi, perché manca ancora nell’analisi la considerazione su chi ha governato nei diversi Paesi questa fase e come abbia governato. E qui il giudizio sul governo Berlusconi è ovviamente impietoso, e non per gli aspetti di “costume” ed etici a cui troppo spesso si è fatto riferimento.
    Oppure si è voluta dare enfasi a questo aspetto (con un eufemismo si è blaterato per troppo tempo sulla “credibilità” istituzionale) per far passare sotto traccia il vero problema di una Sinistra che non c’è: quale politica alternativa propone oggi la Sinistra in Italia e in Europa?
    Al no più che altro sussurrato allo stravolgimento dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori si contrappone per caso una diversa politica economica che costringa le imprese a “rilocalizzare” le manifatture nel nostro Paese?
    Può essere considerata ancora una politica per la “famiglia” quella che prevede la mancia di una detrazione fiscale per i figli a carico, così facciamo contenti Casini e Bagnasco? Non sarebbe più serio (e provocatoriamente anche più coerente con la stessa politica della Chiesa) invece che demolire con gag e battutine da avanspettacolo il valore di un lavoro solido, correttamente retribuito e tassato (volgarmente detto “posto fisso”) non ne esaltassimo invece le qualità: solo la certezza di un reddito fa si che le famiglie si formino, che si facciano figli, che si consumino prodotti e risorse che alimentano lavoro e ricchezza del Paese. Sembra banale e, forse, neanche molto “di Sinistra” ma è così.
    Partendo dal perché condivido l’antipatia di Tamburrano, per il momento può bastare… Solo una domanda: ma Napolitano non sta travalicando un po’ troppo le sue prerogative di Presidente della Repubblica? In altri tempi avremmo opposto più di un dubbio sul ruolo assunto dalla maggiore carica. Ma erano altri tempi e la sinistra era anche libertaria e socialista…

    Michele Stumpo

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