Soldi e partiti

La squallidissima vicenda del senatore Luigi Lusi, tesoriere della ex Margherita, vicenda che lo stesso interessato non contesta – tant’è che avanza una proposta di patteggiamento, per ora respinta dai giudici – ripropone ancora una volta il nodo dei costi della politica, del finanziamento pubblico dei partiti, dei controlli su flussi di denaro per centinaia e centinaia di milioni di euro. Dobbiamo darci regole e strumenti per scongiurare i fatti fangosi che emergono dal ventre dei partiti, dalle tasche dei loro infedeli o spericolati amministratori (vedi investimenti leghisti in Tanzania). Vorrei ricordare che ad una legge voluta fortemente da Pietro Nenni sul finanziamento pubblico dei partiti si giunse, col solo Pli contrario, il 2 maggio 1974. Doveva evitare il ripetersi di scandali come quello dei petroli e il ricorso a fondi “neri”. Sciaguratamente scandali e tangenti, nazionali e locali, continuarono come e peggio di prima, finché non scoppiò Tangentopoli e fu la tomba della legge Piccoli sepolta con una valanga di “no” (90,3 %) al referendum. Tuttavia in ogni Paese democratico europeo i partiti ricevono fondi pubblici. Altrimenti la politica potrebbero farla soltanto i milionari (in euro) e gruppi di interessi economico-finanziari. Nello stesso 1993 si approvò una legge sui rimborsi elettorali ai partiti applicata nel 1994 assieme alla rigorosa (allora) presentazione di bilanci da parte dei candidati eletti nei collegi uninominali, con un tetto di spesa di 90 milioni di lire ciascuno. Alle elezioni di due anni dopo, i controlli si erano già allentati e il tetto era stato alzato, guarda caso, a 300 milioni di lire. Poi, ai partiti è stato attribuito un possibile 4 per mille da parte dei contribuenti e molto altro ancora. Fino alla legge n. 51 del 2006 che incredibilmente ha stabilito che i rimborsi fossero dovuti per intero anche se la legislatura durava meno del previsto e che, sotto i 50.000 euro, potevano rimanere anonimi i contributi di aziende e di singoli . I flussi di denaro ai partiti si sono impennati, mentre controlli e certificazioni si sono abbassate alla soglia zero. Non si dovevano presentare (e tuttora non si devono, vedi investimenti leghisti in Tanzania), come si usa in ogni azienda, pubblica o privata, bilanci certificati con pezze giustificative, documentazioni, ecc. Possiamo, dobbiamo rassegnarci ad essere un Paese di serie C, un Paese corrotto, dove la cattiva politica scaccia quella buona? Assolutamente no. E’ giunta l’ora di leggi chiare sui partiti e sui fondi da attribuire, sobriamente, agli stessi. Essi sono necessari alla politica e alla democrazia, ma, scivolando per la china dei ripetuti scandali, ne divengono elemento di deterioramento e di annegamento: nel qualunquismo e nel populismo più disastrosi. Oltre a radiare Lusi dal partito e a reclamarne con forza le dimissioni da senatore, il Pd dovrebbe presentare subito una proposta sui soldi ai partiti. Con grande chiarezza e con severo, inflessibile rigore.

Vittorio Emiliani

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

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