Un nuovo islamismo?

Nella pubblicistica politica si usa bipartire il mondo: Occidente e paesi emergenti come Brasile, Russia, India, Cina (acronimo BRIC). Forse tra gli emergenti occorre porre anche Sud Africa e Australia e riconoscere alla Cina lo statuto di grande potenza antagonista. Ma davvero il mondo evolve in quella direzione? Ho i miei dubbi: la Cina ha interessi geo-stategici che ne fanno la seconda potenza del mondo. E l’India è potenzialmente ostile alla Cina e alleata dell’America.

Non è facile disegnare le grandi coordinate del nostro mondo come fu a cavallo degli anni ’50-60, gli anni della decolonizzazione, quando si formò il gruppo di Bandung o dei non allineati tra URSS e USA, che giocò un grande ruolo internazionale.

Questo nostro mondo apparentemente unito dalla globalizzazione – che è fenomeno essenzialmente finanziario e di immagine- è politicamente frammentato.

L’Europa -alleata dipendente- degli Stati Uniti vive una situazione economica disastrosa. Gli Stati Uniti sono in crisi di identità. Nuovi paesi si affacciano al benessere. Ad Oriente la Cina giganteggia militarmente, si espande con i suoi traffici specie in Africa, condiziona gli Stati Uniti con la sua moneta, ma non ha un chiaro indirizzo strategico, che non sia quello dell’infiltrazione con l’accorta politica delle termiti. La Russia è una grande potenza immobile, percorsa da un pericoloso fremito revanchista. L’Africa tende a rialzarsi, ci dice l’ultimo numero dell’Economist.

Non vi sono guerre. Quella dell’Iraq sembra conclusa, quella dell’Afghanistan cronicizzata.

Ma c’è un buco nero: è il mondo arabo musulmano. Abbiamo gioito delle rivolte nordafricane. Eppure è in quel mondo che si annida la coda del diavolo. Assad in Siria finirà nella polvere, ma il suo posto sarà preso dal potere sciita. In Egitto si rischia di pensare che si stava meglio quando si stava peggio. Nelle ultime elezioni hanno trionfato le correnti islamiste (65%); anche se quella più importante, i Fratelli musulmani, sembra moderata (ma è la protettrice di Hamas , gli estremisti di Gaza). Vi sono poi gli estremisti salafiti, con il 25%. In tutto gli estremisti sono il 65%; la scrittrice Ghada Abdel Aal ha detto “noi donne egiziane temiamo una deriva iraniana” (e noto incidentalmente che anche in Marocco e in Tunisia vi è stata una vittoria islamista).

Questo fenomeno islamista prenderà a modello la Turchia di Erdogan? O sarà attratto in una deriva filo-iraniana e anti israeliana? Per essere più precisi se il “nemico” resta Israele, l’intransigente Israele di Netanyahu, prevarrà l’attrazione iraniana?

Israele non fa nulla per conciliarsi con i palestinesi della Cisgiordania, anzi continua a programmare insediamenti nei Territori.

Ecco dove spirano venti minacciosi.

Giuseppe Tamburrano

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

2 thoughts on “Un nuovo islamismo?

  1. Le donne egiziane temono una deriva egiziana? Bizzarro. Le donne iraniane in media stavano già molto meglio di quelle egiziane anche nell’era Mubarak. Basta contare studentesse universitarie, giornaliste, professioniste, o valutare il loro peso e visibilità sociale, cosa per cui è sufficiente essere stati anche per pochi giorni nei due paesi.

    Questi sono davvero pregiudizi occidentalisti, che confondono l’oscurantismo religioso e la regola sociale con il radicalismo politico.

    Cfr. http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=5981

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