Eppure la Turchia potrebbe…

Addio sogni di gloria per Erdogan! Con il pur cospicuo risultato elettorale non ha i numeri per cambiare l’assetto politico-istituzionale della Turchia. E’ un bene? Dipende dal progetto che egli nutriva: forse voleva uno stato a misura dell’evoluzione, anzi della trasformazione economica del suo paese. Ma se è limitato nelle ambizioni interne, ha campo libero nella scena internazionale, in particolare su quella medio-orientale. Un’area vastissima e molto complessa nella quale solo una potenza che “parla” un linguaggio non remoto da quello, che pure è una babele, dei vari protagonisti, dalla Tunisia allo Yemen, può svolgere una riflessione positiva.

L’Occidente – sia l’Europa (ma esiste l’Europa?), sia l’America (che in quelle zone si occupa solo di basi militari e di petrolio) – non ha voce in capitolo, non è un interlocutore. Le esplosioni delle rivolte nei diversi paesi (Tunisia, Libia, Egitto, Bahrein, Yemen, Siria) sono state collocate tutte sotto la definizione “risveglio”. Ma risveglio in nome di che? Ho già scritto che si tratta di un emigma (“unknown”: scrive per lo Yemen l’Economist): sono tribù che si rivoltano contro il dittatore Assad, o Gheddafi, o Ali Abdullah Saleh? Sono giovani che vorrebbero l’ “Occidente” che vedono nelle televisoni e comunicano sulla rete? Sono movimenti religiosi che vogliono imporre il loro credo: e in questo caso si tratta di islamismo moderato?

Lo scacchiere è estremamente variegato: si va dalla Tunisia, meno lontana dall’Occidente, allo Yemen infeudato in una rete di clan. Dalla Libia dominata da un dittatore sanguinario che la potente Nato non riesce a rimuovere, alla Siria, che è una dittatura laica su una popolazione per quasi l’80% sunnita, all’Egitto dove i generali del “risveglio” rischiano con l’appoggio discreto dei Fratelli musulmani di farci rimpiangere Mubarak. E trascuro quei casi che sono stati per ora i problemi dominanti e ora sembrano “accantonati”: l’Afghanistan, l’Iraq, la Palestina, dove Hamas e Fatah cercano una difficilissima unità, la bomba atomica iraniana. E a proposito forse presto ci sveglieremo al fragore dei bombardamenti israeliani sui siti atomici iraniani. Altro che “risveglio”!

In questo guazzabuglio la Turchia potrebbe giocare un ruolo stabilizzatore. E’ il paese più vicino all’Europa – tanto che forse finirà per esservi accolta-; la sua maggioranza musulmana è ultra-moderata; la sua economia è in forte espansione; è una porta girevole tra l’Occidente e quei paesi; ha i titoli per influenzarne il “risveglio”. Ciò che stupisce è che non abbia fatto nulla per ora: eppure non ha attualmente gravi problemi interni (i curdi). Forse Erdogan è stato distratto dalla sua battaglia per il potere nel suo paese. Ma ora ha le mani libere.

Se non si impegna la Turchia nel tentativo di stabilizzare quei paesi, è sicuro che ci proverà la Russia, e forse ci riuscirà la Cina.

Giuseppe Tamburrano

fondazione nenni

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