Difficile pronosticare quali saranno gli esiti immediati della “primavera araba”. Una cosa, però, si può senz’altro affermare: che sulla scena nordafricana ora c’è un nuovo fattore con il quale le oligarchie militari sono costrette a fare i conti: il moderno sistema di comunicazione. La televisione, internet e il cellulare hanno perforato la “cortina di ferro” dietro la quale erano costretti a vivere i popoli arabi e ha posto fine al loro solipsismo culturale. Li ha inondati di messaggi, di immagini, di idee affatto estranei alla loro tradizione. Col risultato che, da decenni, i popoli del Dar al-Islam si sentono come assediati da una impersonale potenza mediatica che invade le loro vite. Donde quel fenomeno che è stato battezzato “intossicazione da Occidente” , il quale ha generato, in nome della Fede e della Rivelazione, la reazione fondamentalista contro la modernizzazione e la secolarizzazione.
Tutto, insomma, è accaduto in conformità alla teoria dell’aggressione culturale elaborata dal grande Arnold Toynbee. La quale dice che l’incontro fra due civiltà può diventare un dramma qualora una di esse risulti avere una smisurata potenza radioattiva, con l’inevitabile conseguenza che la civiltà “inferiore” viene a trovarsi in uno stato ossidionale. Non può più vivere assorta in se stessa. Ora, a partire, per l’appunto, dall’aggressione culturale alla quale viene sottoposta, la civiltà assediata è costretta a cercare una risposta alla sfida che rappresenta la presenza (attiva, invadente e penetrante) della civiltà “superiore”. La risposta più facile è quella “zelota”, vale a dire la chiusura ermetica e il rifiuto della modernizzazione e della secolarizzazione. Tipica quella del leader del fondamentalismo algerino Abbasi Madani: chiese il blocco del turismo, l’abolizione del francese dall’insegnamento scolastico e l’oscuramento dei ripetitori televisivi. Chiese, in altre parole, la chiusura ermetica dell’Algeria, di modo che essa non fosse contagiata dai messaggi che provenivano dall’Occidente, il quale, avendo le spalle alla Rivelazione, aveva imboccato la via del Nulla.
Ma l’”intossicazione da Occidente” – vale a dire il bombardamento culturale al quale sono sottoposti i popoli arabi — ha prodotto anche le attuali rivolte contro i regimi autocratici. E si tratta – così sembra – di rivolte non ispirate dagli “zeloti della Sharia” , che intendono purificare il Dar al-Islam ricorrendo a tutti i mezzi, ivi compresi il terrorismo e la violenza catartica. Sono rivolte — quelle alle quali abbiamo assistito — che esprimono lo scontento dei sudditi nei confronti di regimi oppressivi, che nulla lasciano alla autonomia della società civile e che calpestano metodicamente i più elementari diritti individuali. Uno scontento che è cresciuto, per dimensioni e intensità, grazie all’imponente flusso di messaggi esogeni. E, dal momento che le oligarchie del potere non possono controllare i moderni mass-media , si intravede la possibilità che gli Arabi possano – in un futuro non molto lontano – spezzare la tenaglia nella quale oggi sono presi e imboccare la via indicata da Kemal Ataturk: l’autocolonizzazione o – il che è sostanzialmente lo stesso – l’occidentalizzazione volontaria e cosciente. Dopo tutto, molteplici sono le vie che conducono alla Modernità; e molteplici, altresì, sono le sue versioni. Lo testimoniano la Turchia, il Giappone e all’India : tre grandi Paesi che , pur rimanendo fedeli alle loro specifiche tradizioni , hanno adottato le istituzioni politiche e giuridiche della “società”.
Luciano Pellicani