Circa 15 milioni di cittadini (un italiano su quattro) “sperimentano il rischio di povertà o di esclusione sociale”. Lo rivela il Rapporto annuale dell’ISTAT.
Nel commentare il documento, Dario Di Vico (Corriere della Sera del 24 maggio 2011) osserva che il Rapporto “impallina, al netto della crisi, il governo in carica”. Ma a noi interessa rivelare che, se le responsabilità di Berlusconi sono maggiori di quelle di Prodi, la causa causarum è il sistema produttivo, come ha scritto sul nostro blog Nunzio Mastrolia.
Ho già sottolineato che cresce la letteratura economica sulla crisi del sistema. Voglio, tra i tanti, segnalare ilvolume di Piero Bevilacqua (Anticorpi, Laterza 2011) il quale, sin dal titolo, dà la sua diagnosi: “Il grande saccheggio. L’età del capitalismo distruttivo”.
Nell’ampia introduzione anticipa le sue tesi che sintetizzo dal risvolto di copertina: “Una ricchezza straripante che dilaga dappertutto e condanna alla marginalità uomini e donne che la producono”,
Il problema è: che cosa si può fare perchè quegli uomini e quelle donne prendano coscienza che producono ricchezza per vivere “in povertà” e si impegnino a cambiare, con i mezzi della democrazia, “una delle più paradossali società che la storia umana abbia mai edificato nel suo lungo cammino”?
Da Marx a Gramsci la risposta, a livello teorico, è: “l’intellettuale collettivo” ha il compito di aprire gli occhi a quegli uomini e a quelle donne e a delineare un progetto di cambiamento graduale da proporre ai cittadini. Purtroppo siamo nel deserto “ideologico”. Nel quale questo blog è una fievole vox clamantis la quale mira a prospettare l’idea di un nuovo, moderno socialismo. Siamo una goccia, ma l’oceano è fatto di gocce. E il nostro motto è “fa quel che devi”. La storia dell’umanità non è finita; anzi, il “crollo del muro” del capitalismo ha oggettivamente aperto una nuova fase e reso possibile, se non necessario, un sistema fondato sulla libertà e l’eguaglianza di tutti gli uomini e di tutte le donne.
Giuseppe Tamburrano