Rapporto Istat 2010: tutto secondo copione

 La crisi economica non è finita. Sta lavorando in silenzio, creando una sempre più grave questione sociale, là dove non si sono creati argini politici per fermarla.

E continuerà a divorare ricchezza e dignità umana se non si comprende che questa crisi non è una crisi del mercato, né il frutto dei bagordi del mondo della finanza, ma è il prodotto di una crisi sociale che per più di venti anni si è andata gonfiando sempre più fino ad esplodere nel 2008.

Chi ha creato questa crisi sociale? La Cina, L’India, le braccia a basso costo dei paesi in via di sviluppo, in breve la globalizzazione, non c’entrano.

La causa prima della crisi sociale da cui è scaturita la crisi economia, poi, finanziaria, è una sola: un libro, La società libera di Friedrich von Hayek pubblicato nel 1960. E cosa c’è in quel libro?

  1. C’è “una idea di mercato”, completamente differenze rispetto a quella di Keynes, che dice più o meno così: il mercato è infallibile ed onnisciente, unico e perfetto strumento per l’allocazione ottimale dei fattori della produzione.

  2. Solo il mercato può dare, attraverso lo strumento dei prezzi, un perfetta allocazione dei fattori della produzione. Il lavoro è un fattore della produzione. Il salario è il prezzo di tale fattore. Quindi: il giusto salario è quello che determina il mercato. Che nessuno si arrischi a sostenere i salari e tutelare il posto di lavoro, se non si vuole imboccare “la via della schiavitù”.

  3. Per tale motivo nessun intervento esterno (Stato, Sindacati) è concepibile. Lo Stato deve essere il “guardiano notturno della proprietà privata e della correttezza del gioco catallattico”. Qualsiasi richiesta di intervento per aumentare l’uguaglianza o la giustizia sociale è immorale. Per Hayek, infatti, il concetto di giustizia sociale non è altro che la teorizzazione dell’invidia dei poveri rispetto ai ricchi.

  4. Invece non bisogna invidiare i ricchi, dice Hayek, perchè essi sono il motore del progresso: “Il progresso che consente all’umanità di avanzare è prodotto da un numero ristretto di individui che «tirano la carretta»” e infatti “oggi persino i più poveri devono il loro relativo benessere alle disuguaglianze passate”.

  5. Come fare per favorire i ricchi, e quindi il progresso? Semplice: basta tagliargli le tasse. Il risultato è quello che scrive Campa nel suo recente articolo “ La tassazione diretta e indiretta è ormai arrivata in Italia a colpire metà del reddito (…) E questo vale per i lavoratori più che per i capitalisti, dato che le tasse colpiscono il lavoro e non le rendite! Brief, abbiamo uno Stato che è un Robin Hood alla rovescia, che ruba ai poveri per dare ai ricchi.”

  6. Si noti che “il Robin Hood alla rovescia”, non è una distorsione dell’idea hayekiana, ma la sua piena attuazione: tagliare le tasse ai ricchi, significa creare sperequazione sociale; questa sperequazione consentirà di produrre ricchezza e progresso: “le masse dipendenti (…) nell’interesse generale della loro società e pertanto nel loro stesso interesse a lungo termine, (…) dovrebbero preservare condizioni tali che permettano ai pochi di raggiungere posizioni che a loro appaiono irraggiungibili e per le quali a loro avviso non vale la pena fare sforzi o correre rischi”.

  7. Ma perchè dovrebbe essere nell’interesse delle masse permettere a pochi di raggiungere posizioni irraggiungibili? Perchè (è questo l’atto di fede che chiede Hayek) quelle ricchezze, prima o poi, sgoccioleranno verso il basso, creando una marea di prosperità che solleverà tutti.

L’inghippo è tutto qui: per sgocciolamento non si creano possenti maree. Così: “nel corso degli ultimi venti anni (…) la componente del lavoro che non aveva (o non aveva più) potere circa il proprio reddito, ha vissuto un drastico ridimensionamento della propria capacità di acquisto”. Senza tutele sul lavoro, senza interventi perequativi, senza neppure la possibilità di invocare una maggiore giustizia sociale, concetto ormai tacciato di immoralità, la classe media si è spaccata: un enorme smottamento verso la povertà. E con la progressiva privatizzazione di fatto dei servizi (istruzione, sanità, pensioni, trasporti etc) le possibilità di uscire dalla povertà si vanno sempre più assottigliando.

Questo fenomeno negli anni recenti è stato mascherato dalle infinite possibilità di indebitamento che venivano offerte. Il che ha creato quella bolla finanziaria il cui scoppio alla fine ci ha fatto aprire gli occhi. Ora, senza più il doping del credito facile, la crisi sociale si disvela in tutta la sua drammaticità, aggravando ulteriormente la crescita economica. (Si veda l’ultimo rapporto ISTAT La situazione del Paese nel 2010).

In conclusione la crisi economica è la falsificazione popperiana dell’ipotesi hayekiana: le immense ricchezze prodotte non sono sgocciolate verso il basso e il benessere promesso a tutti è stato raggiunto solo da pochi.

Il paradigma hayekiano ha avuto una forza straordinaria, tanto da divenire il paradigma dominante. Ha plasmato la visione politica della Thatcher e di Reagan, ha imposto i suoi assiomi, a tutte le sinistre riformate, e in Italia, continua, a trent’anni di distanza, ad essere il cuore della filosofia politica berlusconiana: il potere taumaturgico del più ricco, lo Stato borseggiatore, la scuola pubblica quale luogo di perdizione e via discorrendo.

Per costruire un’alternativa politica si deve iniziare a capovolgere i cardini di questo paradigma se non si vuole che la situazione economica e sociale si aggravi sempre più drammaticamente.

Nunzio Mastrolia

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

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