Pacifismo intrasigente e lotta al terrorismo

I pacifisti intransigenti che deplorano l’uccisione di Osama bin Laden dovrebbero leggersi George Orwell, socialista democratico tutto d’un pezzo, autore di libri memorabili, tra cui 1984 e La fattoria degli animali – il primo denuncia la natura disumanizzante dello Stato totalitario, il secondo è una satira pungente che smaschera le menzogne dei leader della Rivoluzione bolscevica. Segnalo un saggio acutissimo del 1949, “Riflessioni su Gandhi”, che critica le ambiguità dei pacifisti. Orwell non se la prende con chi persegue soluzioni diplomatiche. Il suo bersaglio sono gli assertori della pace a qualsiasi costo, adusi ad eludere domande scomode: come salvare dallo sterminio gli ebrei d’Europa? Quale l’alternativa alla guerra contro Hitler? Agghiacciante la risposta di Gandhi, personificazione del pacifista ‘duro e puro’: gli ebrei avrebbero dovuto suicidarsi in massa! Così il mondo intero avrebbe capito la brutalità del regime hitleriano. I socialisti, invece, credono che la Resistenza armata contro i nemici della nostra civiltà abbia sempre un valore ideale. Uno degli episodi più nobili della lotta al Nazi-fascismo fu la rivolta del ghetto di Varsavia. In una città già martoriata, gli ebrei si rifiutarono di farsi trascinare nei campi di sterminio come pecore al macello e, benché male armati e affamati, ingaggiarono una lotta furiosa contro i nazisti.

Orwell dice due verità elementari: (a) è disonesto sostenere che le parti in un conflitto si equivalgono, come se non importasse chi le vince le guerre; (b) Gandhi, che era nato nel 1869, non capiva che il totalitarismo è abominevole e pericoloso. La non violenza, teoria nobilissima, è efficace quando si fronteggia una leadership democratica, riluttante a usare il pugno di ferro. Gli inglesi persero l’India anche per merito della strategia gandhiana. Ma avrebbe potuto Gandhi rovesciare uno Stato totalitario come l’URSS, dove gli oppositori scompaiono nel mezzo della notte? Come è possibile incitare alla rivolta pacifica quando non c’è una stampa libera ed è proibito riunirsi pubblicamente? La disobbedienza civile avrebbe qualche chance di successo se l’opposizione la propagandasse di continuo. Ma spesso fallirebbe comunque: la carestia indotta da Stalin negli anni Trenta annientò oltre 7 milioni di contadini ucraini. A nulla servì la ‘resistenza passiva’: il regime sopravvisse. In politica internazionale, conclude Orwell, il pacifismo o cessa d’esser tale o diviene “appeasement”, cedimento al ricatto dei dittatori.

Un filo rosso lega Osama bin Laden, Saddam Hussein e Hitler: il disprezzo per la democrazia, stigmatizzata come imbelle e decadente perché paralizzata da contropoteri, elezioni continue, dibattiti estenuanti. Ecco perché personaggi di quella risma sono colti alla sprovvista quando le democrazie tirano fuori gli artigli. Hitler, nel 1939, stentò fino all’ultimo a credere che Francia e Gran Bretagna avrebbero soccorso la Polonia in nome della libertà dei popoli. Il ricorso alla violenza dev’essere sempre l’estrema ratio, giammai la prima opzione. La parola d’ordine dei socialisti è una sola: ‘negoziare’. Ma se la via negoziale è impraticabile, la democrazia deve saper reagire con la ‘critica delle armi’. Quando si fronteggia la minaccia totalitaria, le proteste pacifiche non servono a nulla. E il jihadismo stragista di Al-Qaida è una teoria totalizzante che riprende, esasperandole, idee marx-leniniste e anarco-insurrezionaliste. I profeti della rivoluzione, unici depositari della verità, sono i peggior nemici della città aperta e tollerante. Conosciamo la loro ossessione: rigenerare un’umanità corrotta mediante la soppressione degli infedeli, esseri impuri e contaminanti – pulci, cimici o Untermenschen, nel linguaggio di Lenin e Hitler. Versare sangue innocente su vasta scala è un atto catartico. I dissenzienti sono traditori, e vanno trattati senza alcuna pietà. La tortura e l’esecuzione dei cospiratori del 20 luglio 1944 è una delle ultime crudeltà di Hitler. Non è un caso, dunque, che bin Laden abbia indicato nel suo testamento l’obiettivo prioritario della Jihad: eliminare i musulmani traditori.

Edoardo Crisafulli

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

One thought on “Pacifismo intrasigente e lotta al terrorismo

  1. Apprezzo moltissimo questa vostra news letter soltanto vi chiedo di rafforzare i caratteri che per lo meno nel mio Mac risultano sbiaditi e piccoli.
    Sulla non violenza condivido il parere di Crisafulli.I pacifisti al patto di Monaco rifiutarono tutte le azioni che contenessero l’ascesa del nazismo in Europa. Molti di loro fecero parte del governo Vichy in Francia. Il male assoluto che avanza sui cadaveri degli avversari politici va contrastato con la violenza giusta. Il presidente Obama ha dato una svolta radicale alla lotta del terrorismo islamico, prima andando all’Università del Cairo e parlando ai mussulmani del mondo, criticando la politica d’intolleranza di Israele, decidendo il ritiro dall’Iraq, intensificando la lotta alla guerriglia in Afghanistan e l’azione di inteligence per cercare Bin Laden e colpirlo nella sua tana. In questa modo si è distinto dalla rozzezza della risposta di Bush all’11 settembre.

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